Swatch and Omega Campus, Bien, Svizzera

 

Pubblicato ne l'Arca International n. 156

 

Swatch and Omega Campus, Biel, Svizzera, progetto: Shigeru Ban Architects

 

 

Client: Swatch; Project: Shigeru Ban Architects; Lead Architects: Shigeru Ban; Structural Engineering : Leicht France; Manufacturers: Blumer Lehmann, Bruag; Photo: Didier Boy de la Tour

 

 

Scegliere Shigeru Ban come progettista era per la Swatch una mossa logica. Ban è, infatti, uno dei più importanti e innovativi architetti operanti sullo scenario internazionale, tanto da aver vinto nel 2014 il  premio Pritzker, da molti considerato il premio Nobel per l’architettura.  Sicuramente, come aveva mostrato in un concorso a inviti del 2011 per la realizzazione dei nuovi Swatch Headquarters, la nuova fabbrica  Omega e la Cité du Temps, avrebbe prodotto per la Swatch una impostazione progettuale convincente.

 

 

I nuovi headquarters, per la cui realizzazione sono stati impiegati cinque anni, conseguono l’obiettivo tanto che la Swatch ha proclamato con una punta di orgoglio che l’edificio “inizia un nuovo capitolo della storia del brand, superando le vecchie convenzioni, esattamente come lo fanno gli orologi da lei prodotti”.

 

 

Il motivo del successo può essere spiegato attraverso una strategia in quattro mosse. La prima punta sul versante iconico. L’edificio infatti ha infatti una forma sinuosa e organica che poco fa pensare agli usuali uffici in curtain wall. Già dall’esterno promette una esperienza inconsueta dello spazio, fatta di ambienti interconnessi e articolati.

 

 

 

La costruzione, pur avendo dimensioni cospicue (25.000 m2 di superficie su cinque livelli con una altezza che supera i 20 metri) appare come un luogo che promette sorprese e novità, in linea con la politica industriale della Swatch.

 

 

La seconda mossa punta al paesaggio. L’edificio ne fa parte perché contribuisce a costruirlo. Sono stati scelti materiali naturali e, in particolare, il legno che gioca anche dal punto di vista strutturale un ruolo di primo piano.

 

 

La terza mossa è ecologica. A partire dagli spazi esterni dove sono stati piantati più di un centinaio di alberi. E nella scelta delle tecnologie quali pozzi, pannelli solari e cellule fotovoltaiche che generano un edificio energicamente efficiente.

 

 

La quarta mossa è nell’organizzazione degli spazi interni. Sono abolite le stanze degli uffici per un’articolazione degli spazi flessibile, calibrata per le molteplici attività del lavoro e anche per il tempo libero, secondo l’idea che se non ci si diverte si lavora male.

 

 

Insomma dove la schiavitù del taylorismo e della catena di montaggio sembra cedere il passo alla libertà dell’elettronica. Luigi Prestinenza Puglisi