L'Arca International N° 116

Gennaio / Febbraio 2014

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Un unico organismo

 

In questi ultimi anni sembra ormai globalmente affermato che il progetto di architettura trovi sempre più difficoltà a inventare nuove situazioni spaziali e volumetriche, interne agli edifici, che sappiano modificare sostanzialmente gli schemi tradizionali.

 

Distribuzioni di spazi e di funzioni che, come sempre è avvenuto, sono condizionati da norme standardizzate e dal volume consentito e costruibile che li dovrà contenere. Il risultato di questa impostazione concettuale e normativa porta ad affermare sempre più una estetica architettonica condizionata dall’apparenza esterna dell’edificio e dai virtuosismi strutturali che diano la possibilità di identificare la costruzione, più come una macro scultura che come un organismo dove si deve vivere e lavorare.

 

Questa situazione condiziona progettisti e costruttori a cercare proposte che possano far emergere le loro nuove realizzazioni dal contesto esistente mediante progetti sempre più originali e sorprendenti.

 

Tutto ciò porta a realizzare ancora una volta nuovi tessuti urbani costituiti da edifici separati uno dall’altro, più o meno sorprendenti, ma dove lo spazio pubblico, quello all’esterno delle aree, progettato e dedicato totalmente al traffico veicolare. Conservando e continuamente riproponendo tutti i problemi di pericolo e di inquinamento. Traffico che così perimetra sempre ogni area dedicata anche a diverse destinazioni e attività.

 

Questa situazione continua ad avvenire per il principio secolare che, nonostante diverse ricerche e proposte, perpetua la città come nell’antica Roma dove le categorie di strade pubbliche connettono spazi privati .

 

Ebbene ancora una volta Parigi, città che ha sempre avuto il coraggio di programmare grandi progetti urbani, ci propone l’idea di costruire al suo esterno un nuovo unico organismo di 80 ettari dove si svolgeranno una moltitudine di diverse attività in una unica costruzione.

 

Un macro edificio interamente coperto da prati al cui interno gli spazi, penetrati sempre dalla luce, sono tutti organizzati secondo le necessità delle attività che si svolgeranno e tutte le comunicazioni verticali e orizzontali, pubbliche o private, sono programmate e realizzate come all’interno di una grande nave. E proprio come in una grande nave l’aspetto esterno non è determinante mentre il tutto è condizionato solo dalle idee progettuali degli spazi interni tutti dedicati a realizzare benessere ambientale urbano e non situazioni di rischio e di violenza.

 

Questo è un progetto che presentiamo questo mese e di cui, non conoscendo ancora la qualità realizzativa finale, dobbiamo accettare i principi perché sono convinto che questa possa essere un buona anticipazione di un prossimo futuro dove l’architettura potrà riappropriarsi della responsabilità che le competono nel tentare continuamente di migliorare la vita dell’uomo almeno negli spazi dove abita senza ferire il pianeta che lo accoglie.

 

Cesare Maria Casati