L'Arca International N° 118

Maggio / Giugno 2014

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Al salone 2014

 

E’ evidente che quando si inizia un processo progettuale di design significa cercare di intuire o anticipare una serie di operazioni che dovranno avvenire e di conseguenza saper declinare e spiegare tutte le direzioni cui questo percorso darà origine.

 

Occorre anche considerare che alla base di questa attività intellettuale e professionale è sempre necessario possedere una precisa volontà di modificare o condizionare il futuro. Soprattutto nel progetto di oggetti e sistemi per le produzioni industriali o artigianali destinate all’arredo della casa, comunemente qualche volta impropriamente definite come prodotti di design, occorrerebbe, sia da parte dei progettisti che delle aziende, un atteggiamento estremamente positivo verso il futuro.

 

Ebbene visitando l’ultimo Salone del Mobile di Milano ho avuto l’impressione che le proposte italiane, tutte orientate solo a esaltare la loro indiscussa qualità strutturale e materiale, abbiano abbandonato completamente la volontà innovativa e anticipatoria che il design italiano ha saputo sempre affermare nel mondo, determinando di conseguenza positivamente il mercato del “made in Italy”. E’ dagli anni Sessanta che i progettisti e le aziende italiane, unici nel mondo, hanno sempre saputo coniugare innovazione, futuro e tecnologia con la qualità di vita, bellezza, efficienza, forma e memoria mentre, già dall’anno scorso, sembra che continui a prevalere la linea della rimembranza.

 

Quasi tutti, se non tutti, al Salone hanno presentato le loro collezioni di sempre con pochissime innovazioni e nessuna ricerca capace di contrapporsi alla ormai vecchia e frusta formula della forma/funzione. Abbiamo abbandonato il coraggio della sperimentazione di nuove formule di vivibilità coerente con l’attuale contemporaneità e con le attuali dimensioni di bellezza dove la logica della tecnologia e i livelli di conoscenza e di comunicazione sanno fondersi armoniosamente con la bellezza.

 

Spero che presto aziende da una parte e designer dall’altra ritrovino coraggio e volontà adeguati a recuperare interamente i valori che nel passato hanno saputo far affermare il design italiano nel mondo intero.

 

Cesare Maria Casati